Da VITA
Nel pavese una maestra è stata sospesa per aver segnalato una situazione di sospetto maltrattamento su un’alunna. Anfaa: «Una notizia che ha dell’incredibile: quello di “segnalare per tutelare” per la scuola è un preciso dovere»
Nel pavese un’insegnante di scuola primaria è stata sanzionata dalla sua dirigente scolastica per aveva segnalato prima alla dirigente e dopo qualche tempo, alle forze dell’ordine, il caso di una bambina che presentava ripetuti segni di percosse e maltrattamenti. Per la dirigente, che ha punito la docente con un giorno di sospensione, sarebbe stato violato il segreto di ufficio. I fatti si sono svolti un anno fa, ma sono emersi solo ieri e riportati dal quotidiano “La Provincia pavese”. Il tribunale di Pavia, a cui si era rivolta la maestra a seguito della decisione della dirigente, ha revocato la sospensione e invitato la nuova dirigente scolastica a restituire alla donna la mancata retribuzione.
«Il nostro plauso va all’insegnante, che si è dimostrata attenta ai propri alunni, accettando la sfida e i rischi di un ascolto difficile, e “sentendo” cose che altri avrebbero voluto tenere nascoste…», afferma Anfaa-Associazione Nazionale Famiglie Adottive e Affidatarie, commendanto una notizia che «ci ha lasciato davvero attoniti, questa vicenda ha davvero dell’incredibile: stando a quanto riportano le cronache, non solo questa insegnante non è stata supportata e coadiuvata nel fare il suo dovere, cioè quello di “segnalare per tutelare” la sua piccola alunna, ma quando – dopo l’ennesima richiesta di aiuto inascoltata e insabbiata – ha proceduto lei direttamente a rivolgersi all’Autorità Giudiziaria, è stata sanzionata dalla dirigente scolastica».
Per gli insegnanti – ricorda infatti Anfaa – quello di “segnalare per tutelare” i sospetti casi di maltrattamento sui bambini è un dovere: le “Linee guida per il diritto allo studio delle alunne e degli alunni al di fuori della famiglia d’origine” (dicembre 2017), ribadiscono che «gli insegnanti debbono essere preparati, attraverso una formazione dedicata ed efficace, a cogliere i segnali di disagio, malessere, sofferenza di questi alunni e a muoversi per intervenire, avendo sempre presente che “segnalare per tutelare” è un preciso dovere di tutti coloro che operano con i minorenni». La stessa legge 184/183 all’articolo 9 afferma la segnalazione è obbligatoria per «i pubblici ufficiali, gli incaricati di un pubblico servizio, gli esercenti un servizio di pubblica necessità che debbono riferire al più presto al Procuratore della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni del luogo in cui il minore si trova sulle condizioni di ogni minore in situazione di abbandono di cui vengano a conoscenza in ragione del proprio ufficio». Lo è quindi per gli operatori dei servizi socio-sanitari, i medici, i capi di istituto e i docenti delle scuole di ogni ordine e grado.
«Deve essere ben chiaro che il legislatore non ha inteso trasformare queste figure professionali in “delatori”. La segnalazione (e va ribadito che di “segnalazione” si tratta e non di “denuncia”) è stata prevista per tutelare i minorenni. Non possiamo dimenticare, infatti, che vi sono bambini e ragazzi che subiscono, giorno dopo giorno, maltrattamenti e/o abusi da parte dei loro familiari: si tratta di situazioni gravissime, spesso impensabili ma purtroppo reali, che richiedono il tempestivo intervento di tutti coloro che ne vengono a conoscenza, per segnalarle al più presto all’Autorità giudiziaria competente», spiega Anfaa.
Grazie all’intervento puntuale e tempestivo di questi operatori possono essere portate all’attenzione dei magistrati minorili le drammatiche condizioni di tanti minori, rompendo quel muro di silenzio e di omertà che spesso li circonda. «Quante volte, dopo la segnalazione, si scopre che erano in tanti (parenti, vicini…) a sapere e a tacere!», prosegue Anfaa. «Ogni adulto dovrebbe vigilare su chi è più debole, impedire che gli venga fatto del male, e non lasciarlo solo. A maggior ragione, questo è uno dei compiti della scuola, di una scuola che cerca punti di incontro, stabilisce relazioni e non si accontenta di “passare un sapere”».