Pubblichiamo questo appello dell’ANFAA al Parlamento e al Governo, per difendere il diritto della donna a mantenere segreta la propria identità al parto, chi lo desidera può sottoscriverlo e farlo pervenire in originale alla segreteria dell’Anfaa o aderire online sul sito www.change.org.
In base alle leggi vigenti da quasi un secolo le donne che, per qualsiasi motivo, ritengono di non essere in grado di fornire ai loro nati le indispensabili cure educative e formative, hanno il diritto di partorire senza obbligo di provvedere al loro riconoscimento e quindi di non essere nominate nell’atto di nascita.
Il parto è assicurato gratuitamente dal Servizio sanitario nazionale con tutte le garanzie fornite a tutte le donne. Inoltre detto Servizio eroga i necessari interventi di prevenzione e di tutela della salute della donna e del nascituro.
In base alle leggi vigenti i nominativi delle donne che non hanno riconosciuto i loro nati possono essere divulgati solamente
dopo 100 anni dal parto ed esclusivamente a coloro ai quali l’Autorità giudiziaria abbia riconosciuto la fondatezza del loro interesse alla relativa conoscenza.
Appena nati i bambini non riconosciuti vengono segnalati ai Tribunali per i minorenni che provvedono alla loro adozione.
In attuazione della sconcertante e superficiale sentenza n. 278/2013 della Corte costituzionale che ha dichiarato l’illegittimità dell’articolo 28, comma 7 della legge 184/1983, il Parlamento deve ora approvare un apposito provvedimento legislativo che “assicuri la massima riservatezza” alla donna che ha chiesto e ottenuto di non essere nominata e che consenta ad un Giudice di interpellarla “ai fini di una eventuale revoca di tal dichiarazione”.
Tenuto presente che ogni anno nascono 400 bambini non riconosciuti (dal 1950 al 2013 sono stati oltre 90mila), coloro (organizzazioni e persone singole) che sottoscrivono questo appello chiedono al Parlamento e al Governo che:
a) venga conservato l’attuale impianto delle leggi relative al segreto del parto in quanto i vigenti principi fondanti sono gli unici che garantiscono le occorrenti prestazioni sanitarie prima, durante e se necessario dopo il parto alle donne che non provvedono al riconoscimento, prestazioni assolutamente indispensabili anche per il nascituro. Inoltre, ai sensi dell’articolo 93 del decreto legislativo 196/2003, è possibile per chi ne abbia interesse accedere alla documentazione sanitaria della partoriente, “osservando le opportune cautele per evitare che quest’ultima sia identificabile”.
b) sia rispettata la volontà della donna di non essere nominata. Come prevede la proposta di legge n. 1989 presentata il 23 gennaio 2014 alla Camera dei Deputati dall’On. Rossomando e da altri Parlamentari “la partoriente che ha dichiarato alla nascita di non voler essere nominata può in qualsiasi momento esprimere la propria disponibilità a incontrare il proprio nato, con comunicazione scritta inviata al Garante per la protezione dei dati personali”. È altresì stabilito che “l’adottato non riconosciuto alla nascita può, raggiunta l’età di venticinque anni, richiedere al Tribunale per i minorenni che ha pronunciato la sua adozione di incontrare la donna che lo ha partorito. Il Tribunale esamina la richiesta che, se accolta, è trasmessa al Garante per la protezione dei dati personali che vi dà seguito, a condizione che la donna abbia precedentemente manifestato la propria disponibilità all’incontro”. In questa direzione va anche la proposta di legge n. 1343 presentata il 10 luglio 2013 alla Camera dei Deputati dagli On. Campana e altri.
Confidiamo che il Parlamento e il Governo confermino le pluridecennali norme sul segreto del parto, condizione indispensabile per evitare gli aborti da parte delle donne che non intendono ricorrere a questa scelta, gli infanticidi e gli abbandoni che mettono in pericolo la vita dei neonati.