Il grido di allarme che da tempo i neuropsichiatri infantili ed i pediatri stanno lanciando sulle pesanti conseguenze che la pandemia ha prodotto su bambini, bambine e adolescenti merita una riflessione meditata ed una risposta conseguente adeguata.
Accanto ai quadri clinici piu’ preoccupanti – come i tentativi di suicidio e la manifestazioni psicopatologiche – c’é un sottofondo diffuso di sofferenze, certamente preesistente ed enfatizzato dalle conseguenze del lockdown, al quale occorre dare risposte programmatiche in modo strutturale.
Nell’ambito dei servizi socio – sanitari dedicati all’infanzia e all’adolescenza c’è un “fossato” che va assolutamente riempito ed è quello della neuropsichiatria infantile e dei servizi ad esso collegati, guardando peraltro alla situazione di tutto il Paese.
Avvertono queste difficoltà soprattutto le famiglie che attendono mesi per poter avere una diagnosi o per indirizzare i loro figli e le loro figlie ai servizi di riabilitazione specifica; lo avvertono i pediatri che non riescono ad inviare a consulenza neuropsichiatrica i loro assistiti.
In questo contesto occorre porre mano anche ad una programmazione dei servizi di riabilitazione per l’eta’ evolutiva che, soprattutto nel centro – sud, sono inadeguati nel numero e nella qualità delle prestazioni.
Rispondere efficacemente a queste esigenze significa assicurare un positivo inserimento nel mondo del lavoro di ragazzi e ragazze riducendo i pesanti costi socio – assistenziali futuri.
Non credo che sia sufficiente rispondere disponendo un aumento dello stanziamento di poche decine di milioni di euro: tra gli interventi del PNRR, quelli per il welfare socio – sanitario di bambini, bambine e adolescenti con problematiche neuropsichiatriche sono fra i piu’ importanti ed urgenti e con positive e permanenti ricadute economiche nel futuro.