Clara ha 35 anni e ha due figlie: Anna, di 13 anni, nata in Romania da un matrimonio violento, e Jole, di 6 anni, nata dalla relazione violenta con il figlio della donna di cui era la badante. Un giorno, esasperata dall’ennesima bastonatura, chiede aiuto ai servizi sociali: viene collocata in comunità con le figlie che iniziano un percorso di valutazione e cura. Ma, nel progetto che si attiva, quale è lo sguardo su Clara donna, migrante, vittima di violenza domestica, madre di due figlie molto danneggiate?
La giornata seminariale prende spunto da una riflessione generale sul lavoro sociale con le donne i cui figli sono coinvolti in progetti/ provvedimenti di tutela.
Talvolta il lavoro con questa parte dell’universo familiare rischia infatti di rimanere in ombra e le cause posso essere varie:
• le assistenti sociali stesse – centrate sulla tutela dei bambini – non dedicano abbastanza riflessività al lavoro con le madri vulnerabili, alle loro potenzialità e ai nodi critici presenti;
• il sistema dei servizi sottovaluta la dimensione di genere;
• è forte per l’assistente sociale la fatica di stare nel “conflitto di interessi” tra i “bambini vittime” e i “genitori fragili”, essendo l’unico
operatore che lavora con entrambi;
• circola un orientamento professionale ed organizzativo che
suggerisce che il lavoro con le madri sia di competenza degli psicologi o degli educatori.
Il seminario nasce quindi dall’intento di offrire uno spazio di riflessività e confronto tra assistenti sociali, utilizzando un’ottica relazionale che tenga connessi i figli con le madri e il sistema dei servizi di tutela, mettendo contemporaneamente al centro il lavoro con le donne in quanto persone, madri, partner, nell’idea che solo un forte investimento con loro può permettere di deviare le loro traiettorie di vita e quella dei loro figli. L’obiettivo che si vuole proporre è quello di riprendere il processo di tutela per ripercorrerlo accanto alle madri esplorando appigli e snodi che possano consentire – dove possibile – di sostenere la loro resilienza, riconoscendo sul piano professionale i contributi della soggettività, delle conoscenze e delle metodologie professionali.