Un ricordo di Anna come sorella:
Il ricordo più forte che porto con me di Anna è la sua vulcanica curiosità, una curiosità che ti metteva allegria e ti spingeva a esplorare terreni sconosciuti. Da piccole, questa curiosità e la mia fantasia diventavano la ricetta perfetta per mille giochi, da ragazzine mi indispettiva perché trovava sempre il modo di farmi confessare ciò che avrei voluto tenere per me. Da adulte invece mi impressionava come si spostava da una situazione all’altra, da una città all’altra, da uno studio a un altro con una facilità impressionante. Aveva un cuore grande, ma il ritmo lo dettava lei, sempre, pur essendo io la maggiore. E quanto mi arrabbiavo quando all’improvviso cambiava tutti i piani. E poi la sua ironia, con cui affrontava la vita, le situazioni più difficili, un po’ come in una recita, indossava la sua ironia e procedeva nei meandri della vita. Due grandi passioni ci hanno legato nella vita sin da piccole: il nuoto trasmesso da nostro padre inglese, John, e la natura, e in particolare i cavalli che Anna adorava, perché intelligenti veloci, eleganti!
Anna, lo studio, la ricerca il lavoro sul campo:
Anna aveva il dono dell’ubiquità fisica e mentale, riusciva a lavorare su tanti progetti contemporaneamente, coniugando lo studio rigoroso con uno sguardo, anzi una pratica, sperimentale. Lo aveva imparato vivendo e studiando fra Roma, Milano e Cambridge. Con una visione culturale a 360 gradi, anticipava esigenze e emergenze con largo anticipo, scandagliando e applicando studi e ricerche che in Italia arrivarono quindici anni dopo. Anna era una ricercatrice vera, che non si arrendeva mai all’evidenza, caparbia e molto severa con se stessa e gli altri, e spesso non accettava compromessi o scuole di pensiero dominanti. Era capace di lavorare nei contesti più diversi, che richiamavano la sua attenzione: dal clima di prevaricazione e bullismo nelle scuole, alla prevenzione della violenza di genere nei centri antiviolenza, all’empowerment delle donne durante le missioni per l’ONU (Afghanistan), alle perizie per il Tribunale dei Minori, ai carceri, agli orfani di femminicidio, da lei chiamati “orfani speciali”, nelle Università in Italia e all’estero, dove gli studenti e i colleghi la stimavano per la sua generosità intellettuale e capacità di coinvolgimento: il suo sapersi spendere, ascoltando e sviluppando continuamente nuovi progetti innovativi.
Il testimone che ho raccolto
Io e Anna, con la nostra famiglia, abbiamo un motto “Never Surrender”!
Dopo la sua triste e inaspettata morte nel marzo del 2019, mi sono trovata io terribilmente orfana! quella docente e psicologa incredibilmente in gamba aveva aiutato tutti, ma ci aveva lasciato senza il dono della sua di vita. Ma le parole “Never Surrender” risuonavano in me; la molla della sua e mia energia che non si ferma davanti a niente, mi hanno fatto iniziare a raccogliere su un taccuino tutti quei nomi e indirizzi di persone sconosciute, che arrivavano come un fiume in piena …. una sorta di eredità: amici e amiche, collaboratori, collaboratrici, colleghi e colleghe, rappresentanti della società civile, con cui io avevo solo lei in comune, ma che potevano dar vita a una rete di scambi nelle varie aree di competenze. Senza le sue competenze, e solo come storica dell’arte amante dei collegamenti, potevo solo provare a raccogliere e diffondere a modo mio i mille semi della sua personalità generatrice e divulgarli nella società civile. Da qui, nel maggio del 2020, quando la pandemia ci obbligava a inventare modi per rimanere “vivi” e vicini, abbiamo dato vita alla Rete Anna Costanza Baldry: per creare ponti fra il mondo accademico e il lavoro sul campo, fra figure diverse, come Anna sapeva fare. Oltre a partecipare come testimone dell’impegno di Anna in alcune conferenze (Artemisia, S.O.S. etc) con l’Associazione Il Palmerino a Firenze abbiamo realizzato ogni anno per il suo compleanno, il 16 maggio, incontri, conferenze, dibattiti e spettacoli con un taglio trasversale, cercando di interessare e coinvolgere anche i non addetti ai lavori. Un altro impegno è stato quello di stare vicino ad alcune famiglie che Anna aveva seguito per l’adozione di bambini rimasti orfani da femminicidio, scoprendo le difficoltà di affrontare e curare i danni gravissimi e indelebili che questi bambini e bambine hanno subito.
Un messaggio per le giovani e i giovani
La società attuale ci espone quotidianamente a contraddizioni e tragedie che scaturiscono per la maggior parte dall’egoismo e dal centrare la propria prospettiva di vita solo sull’io e sull’apparire. Questo ci porta a farci sentire sempre più demoralizzati e soli. Ho sperimentato invece, anche grazie alla mia sorellanza con Anna, che il dono più speciale che abbiamo e che possiamo esercitare è quello dell’ascolto e della responsabilità dell’altro (I care). Ognuno nelle nostre capacità dovremmo uscire dallo stato del dimostrare e prevaricare e entrare in quello dell’ascolto. Ascolto di noi stessi e degli altri, o di esigenze intorno a noi, vicine e lontane, per cogliere il buono, il profondo, il vero e moltiplicarlo, spargerlo, lasciando alle spalle il superfluo, il pesante, la menzogna.
Francesca Baldry