Il tribunale ordina di prelevare il figlio dalla madre e consegnarlo al padre (che il bambino rifiuta)

da 27esimaora.corriere.it

Nei procedimenti di affido post-separativi, il tribunale dei minori ormai funziona così: per salvaguardare la bigenitorialità si strappa il bambino dalle braccia di un genitore (di solito accudente) per consegnarlo nelle mani del genitore che il bambino rifiuta e imponendo incontri forzati, deportazione in casa famiglia, o affido esclusivo con chi non vuole stare il minore escludendo del tutto l’altro.
In un ribaltone incoerente e pericoloso dove ci si dimentica che bigenitorialità significa garantire la presenza di entrambi anche dopo la separazione ed escludendo l’altro solo in casi gravi come violenza domestica o abusi. Violando il diritto del bambino a vivere una vita tranquilla lontana da traumi, lo si sottopone a uno stress emotivo senza pari: lo si forza, non gli si crede e non s’indagano i motivi reali del rifiuto che di solito riguardano mancanze o addirittura azioni gravi dell’adulto rifiutato, ma al contrario gli si impone una presenza senza aver cercato in maniera approfondita le cause oggettive del disagio.
Procedimenti per l’affido in cui il potere decisionale dalla discrezionalità del giudice passa praticamente in mano a psicologi e psichiatri che nelle loro perizie (Ctu – Consulenze tecniche d’ufficio) decidono a tutti gli effetti il destino di queste persone. Perizie che ormai nella quasi totalità si basano su una pseudo-teoria che diverse lobby interessate, anche economicamente, stanno cercando di far passare in una legge di Stato, come è successo con il contestatissimo disegno di legge Pillon che ha avuto il merito di scoperchiare il vaso di pandora sull’alienazione parentale: un costrutto inaffidabile, rifiutato dal ministero della salute, bocciato dalla Cassazione e bandito in Spagna e in Francia per i danni che ha causato, ma soprattutto inventato negli anni ’80 da un medico statunitense, Richard Gardner, secondo cui se un figlio rifiuta un genitore la colpa è dell’altro che aliena il bambino a prescindere da tutto, anche di eventuali possibili violenze sicuramente false e costruite per allontanare il genitore preso di mira. Un disturbo diventato prassi nei tribunali ma mai entrato nel DSM (The Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders), e applicato da giudici che probabilmente non sanno chi era Gardner: un uomo perverso che nei suoi libri affermava, tra le altre cose, che “se un padre abusa della figlia – scrive Gardner – la colpa è della madre inibita che non vuole fare sesso con suo marito e che, al fine di evitare scappatelle extra familiari, le offre la figlia” (R. Gardner, L’isteria collettiva dell’abuso sessuale, ed. Quattro Venti, Urbino 2013, p. 59).

Una mannaia, quella dell’alienazione parentale, che pochi giorni fa ha colpito un’altra mamma (i casi sono numerosi in Italia) che dopo 7 anni di ricorsi, Ctu, denunce, incontri protetti, si è vista arrivare l’ordinanza del tribunale dei minori in cui si decide che suo figlio, attualmente convivente con lei, sarà prelevato d’urgenza e affidato in maniera esclusiva al padre “rifiutato” e qui monitorato h24 da “personale specializzato”, mentre la mamma potrà avere un contatto con il bambino ogni 15 giorni in spazi neutri, aggiungendo anche che, nel caso di difficoltà, sarà collocato in casa famiglia, e questo per salvaguardare la bigenitorialità.

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