L’infrastruttura sociale? Senza un volano, somiglia a una rete piena di buchi

di Sara De Carli

Fra sette giorni si potranno presentare le domande per il Reddito di Inclusione, l’innovativa misura nazionale di contrasto alla povertà. Ma l’infrastruttura dei servizi che lo deve sostenere è troppo fragile. Ecco perché in Legge di Bilancio serve un segnale forte, coerente con le attese che il ReI ha suscitato. «Visto che il ReI è un livello essenziale, l’assistente sociale deve essere garantito come il medico di base»

Dal 1° dicembre 2017 chi si trova in condizione di povertà assoluta potrà presentare domanda di accesso al Reddito di Inclusione, che sarà operativo dal 1° gennaio 2018. Ieri a Napoli il ministro Giuliano Poletti, gli assessori regionali alle politiche sociali, sindaci e assessori di città metropolitane e comuni in rappresentanza dell’Anci, hanno dato il via al Tavolo sulla Protezione ed inclusione sociale, previsto dal decreto istitutivo del ReI, che dovrà d’ora in poi elaborare il Piano Sociale nazionale, il Piano per gli interventi e servizi sociali di contrasto alla Povertà e il Piano per la non Autosufficienza. Si va disegnando una “rete” che metta insieme i servizi sociali e gli altri servizi territoriali (lavoro, salute, scuola, casa), nell’ottica di garantire opportunità: per uscire dalla povertà, certo, per attuare il ReI, ma non solo. Dalla qualità di questa «infrastruttura sociale» dipende il futuro non solo dei ReI come strumento innovativo e delle persone che vi faranno riferimento: «Poniamo le basi per la costruzione di una vera e propria infrastruttura sociale, riconoscibile sul territorio, e con la partecipazione più ampia della comunità, a protezione dei suoi componenti più fragili», ha detto ieri il ministro Poletti.

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