Riprendiamo a parlare di tutela

In queste settimane in vari modi si sta di nuovo mettendo a fuoco il tema della tutela delle persone minorenni che vivono nel nostro Paese.
Il CISMAI intende ribadire il proprio impegno proprio a mettere sempre al centro l’interesse preminente delle persone minorenni, il loro ascolto, la costruzione di condizioni di vita sicure in contesti relazionali responsivi, l’attenzione a non colludere tra adulti e tra istituzioni per difendere interessi altri dal bene-essere delle bambine e dei bambini. Proprio per questo siamo preoccupati di quanto sta accadendo.
La scommessa della tutela oggi non è nel denigrare i dispositivi in essere, discreditare i servizi che con fatica offrono protezione ed aiuto ai bambini ed ai loro genitori vulnerabili, moltiplicare strumenti di controllo che scoraggiano la fiducia nella possibilità di essere aiutati ed aiutare. La scommessa è investire in risorse umane ed economiche per offrire misure reali di sostegno alla genitorialità vulnerabile per prevenire il maltrattamento in tutte le sue forme; costruire contesti di tutela quando necessari; monitorare i processi di intervento senza dare mai nulla per scontato.
Riteniamo il collocamento fuori famiglia una forma di tutela a volte necessaria per interrompere situazioni di mal-trattamento e promuovere il benessere attuale e prognostico dei bambini e delle bambine. La sospensione della convivenza tra figli e genitori, per quanto dolorosa, rappresenta tante volte una opportunità sia per le bambine ed i bambini che per gli adulti di riparare relazioni ferite e di riprendere in mano un progetto di vita comune, attraverso un processo di responsabilizzazione dei genitori, adeguatamente sostenuti.
Il nostro ordinamento, in linea con gli orientamenti scientifici e con la legislazione europea, prevede due diversi dispositivi giuridici, con livelli di appropriatezza differenti: l’affidamento presso famiglie supportive e l’accoglienza in strutture residenziali, diverse opportunità per le persone minorenni di crescere in un ambiente sicuro emotivamente e per permettere ai genitori di riassumere la loro funzione, supportati dai servizi. Oggi, nel linguaggio dei media e, purtroppo, anche nel DDL Roccella- Nordio, i due dispositivi sono sovrapposti, addirittura chiamati istituti, un’espressione che non corrisponde più ad una misura giuridica e che richiama scenari di istituzionalizzazione contro cui società civile ed istituzioni si sono battuti fino alla definitiva chiusura nel 2006 con la legge 149/2001. Se l’affidamento e l’accoglimento in struttura oggi fossero considerati dispositivi da cui doversi tutelare, come sembra sui media e nel DDL, sarebbe il caso paradossalmente di affrontare un cambiamento normativo piuttosto che attaccare indiscriminatamente chi lavora nella tutela dei minorenni.
Avere fiducia ed impegnarsi nella tutela non esclude però la consapevolezza sui rischi di commettere errori anche gravi ai danni delle bambine e dei bambini, in termini omissivi con condotte istituzionali ed operative trascuranti o apertamente commissive nella forma di un vero maltrattamento istituzionale. Il monitoraggio, oggetto di discussione in questi giorni e rappresentato già da anni come priorità dalle organizzazioni impegnate nella promozione dei diritti delle bambine e dei bambini, è quindi centrale. Occorre un monitoraggio pubblico, cosi come già previsto dalla normativa vigente, che sia in grado, supportato da adeguate risorse e competenze, di offrire un quadro quantitativo tempestivo relativo alle persone minorenni collocate nelle diverse forme di accoglienza fuori famiglia e che possa sostenere i progetti di tutela ed aiuto, dicendo della fondatezza e appropriatezza nel tempo delle misure adottate e della qualità offerta. Un monitoraggio efficace che richiede l’ascolto delle persone direttamente interessate dai progetti di tutela: le bambine ed i bambini ed i loro genitori, senza difendere acriticamente il solo punto di vista dei servizi.


La Presidente
Marianna Giordano