Stati generali sul mal-trattamento dell’infanzia, la denuncia del Cismai

Un bambino non protetto è un bambino che per tutta la vita avrà dei costi per la società. Partendo da questo presupposto il Cismai, nel corso delle due giornate del 12 e 13 dicembre a Torino, ha fatto il punto sulle buone pratiche da adottare per prevenire e curare il maltrattamento e l’abuso, in netta contrapposizione, quindi, con l’ottica prettamente emergenziale che finora è stata prevalente nelle politiche di intervento nazionali.

12 dicembre 2013

STATI GENERALI SUL MALTRATTAMENTO DELL’INFANZIA

LA DENUNCIA DEL CISMAI

“IL MALTRATTAMENTO IN FAMIGLIA E’ SUPERABILE,

QUELLO ISTITUZIONALE NO”

TORINO – A quasi 4 anni dall’ultimo appuntamento romano, tornano gli Stati Generali del Cismai (Coordinamento Italiano dei Servizi contro il Maltrattamento e l’Abuso all’Infanzia) per fare il punto, con le realtà italiane che si occupano di minori, della situazione a livello di tutela e maltrattamento della fascia più debole della popolazione.

Un bambino non protetto è un bambino che per tutta la vita avrà dei costi per la società. Partendo da questo presupposto il Cismai, nel corso delle due giornate del 12 e 13 dicembre a Torino, fa il punto sulle buone pratiche da adottare per prevenire e curare il maltrattamento e l’abuso, in netta contrapposizione, quindi, con l’ottica prettamente emergenziale che finora è stata prevalente nelle politiche di intervento nazionali.

L’appuntamento di Torino, dal titolo “Proteggere i bambini nell’Italia che cambia”, è lo step finale di un percorso che il Cismai ha avviato all’inizio dell’anno a Bari, affrontando il problema dell’emersione e della rivelazione della violenza, e successivamente ad Ancona, parlando di separazioni conflittuali. Il titolo si riferisce alla necessità di non perdere di vista, nonostante la crisi, l’obiettivo del contrasto al maltrattamento in un’ottica di prevenzione, mantenendo quindi alta l’attenzione sulla protezione dei minori anche in un’Italia che cambia, e che sempre meno adotta politiche efficaci a questo scopo.

Le politiche sbagliate e orientate in ottica emergenziale producono tagli ai bilanci di spesa. I tagli ai bilanci incrementano i casi di maltrattamento. L’Italia è dunque vittima di un circolo vizioso le cui vittime principali sono i bambini, sempre meno tutelati e sempre più compromessi. “Il sistema dei servizi a tutela dell’infanzia in Italia è in crisi – spiega Gloria Soavi, vice-presidente del Cismai – e non è soltanto colpa dei problemi economici del Paese. Gran parte della responsabilità va addebitata alle politiche miopi adottate finora, finalizzate a intervenire solo quando ormai è troppo tardi, con il rischio di cronicizzare le situazioni. Tagli e mancati finanziamenti sul fronte della prevenzione costano, come rivela uno studio condotto da noi in collaborazione con Terre des Hommes e Università Bocconi, ogni anno circa 13 miliardi. Dal 2005 al 2011 i casi di maltrattamento sono cresciuti del 23 per cento, ma il nostro Paese continua a investire poco. Tutto questo è inaccettabile”.

Ma quali sono i soggetti coinvolti nel processo di tutela, e con i quali è quindi necessario dialogare il più possibile per ripristinare un sistema di prevenzione e cura efficace? “La protezione dalla violenza – continua Soavi – coinvolge tre soggetti principali: l’autorità giudiziaria, che spesso determina, con un decreto, la vita di un bambino; gli adulti, nella duplice, complessa veste di persone e genitori; e naturalmente i servizi, che a volte, per varie ragioni, non lavorano come dovrebbero”.

“Tutte le funzioni sono da rispettare ma devono essere realizzate con coscienza – spiega Dario Merlino, presidente del Cismai – e il tema dell’ascolto del minore, uno dei più delicati, in Italia è praticato con prassi spesso inaccettabili. Il giusto processo è giusto per chi?, verrebbe da dire. E’ quanto mai necessaria, in Italia, una riorganizzazione della giustizia minorile. Le criticità nel funzionamento della giustizia minorile si riflettono in una crisi del funzionamento dei servizi: l’operatore che segnala situazioni di maltrattamento ha quasi l’impressione di far cadere il bambino in un contesto che, più che tutelarlo, rischia di danneggiarlo ulteriormente”.

Secondo Merlino, il sistema della giustizia minorile in Italia rischia di non rispettare la convenzione di Lanzarote perché costruisce la protezione del minore senza mettere al centro il bambino. “Per prevenire gli allontanamenti bisogna prevenire i maltrattamenti – continua Merlino – e usare gli strumenti di supporto in modo appropriato. Il maltrattamento istituzionale è un danno doppio per il bambino. Se questi viene maltrattato in famiglia può, in qualche modo, farsene una ragione. Ma quando è l’istituzione che dovrebbe proteggerlo, a maltrattarlo, allora il danno può essere ancor più grave”.

I bambini rappresentano, secondo David Finkelhor, professore di Sociologia all’Università del New Hampshire (USA), uno dei massimi esperti internazionali sulle problematiche della traumatizzazione infantile e delle sue conseguenze sulla salute fisica e mentale dei bambini, il “segmento di popolazione più vittimizzato al mondo”. “Sperimentano tutte le forme di maltrattamento che subiscono gli adulti e, in più, quelle specifiche del loro statuto di bambini, come la trascuratezza”.

Uno studio che ha raccolto i risultati di 300 indagini sul maltrattamento all’infanzia nel mondo, ha rilevato che il fenomeno dell’abuso è presente in tutti i continenti e in tutti i Paesi. Perché?, si chiede Finkelhor. “Studiosi e politici non hanno mai affrontato seriamente questa domanda, forse pensando che la risposta fosse scontata. Ma così non è”.

Esistono infatti 4 ragioni principali che fanno sì che i bambini siano il segmento di popolazione più vittimizzato del pianeta. “La prima – spiega lo studioso – è che le norme e le sanzioni a loro favore sono più fragili e limitate di quelle a tutela degli adulti. Esistono porzioni della violenza e dell’abuso sui minori che non sono state affatto trattate o che sono state del tutto ignorate. La seconda è che i bambini si mettono spesso in situazioni di pericolo e questo li espone facilmente a ritorsioni. La terza è che non hanno molto margine di scelta: non scelgono la famiglia in cui nascono, il quartiere in cui vivono, le scuole in cui studiano. Un adulto se subisce violenza può divorziare o andarsene, un bambino no. La quarta è che ai bambini manca la capacità di verbalizzare la propria condizione, sensibilizzando così gli adulti, proprio come negli ultimi 10 anni hanno fatto le donne rispetto alla violenza subita dai partner. Gli adulti hanno la piena responsabilità dei bambini e del loro benessere e non sono completamente consapevoli della loro vulnerabilità”.