Come la violenza contro l’infanzia, anche la violenza sulle donne non conosce confini di tempo e di spazio: “E’ il più grande problema di salute pubblica e di diritti umani violati nel mondo con un ampio spettro di problemi di salute fisica, mentale, sessuale, riproduttiva e materna” (OMS/WHO, 2002).
Anche questa violenza è quasi sempre perpetrata dagli uomini. La violenza contro le donne, inoltre, è al tempo stesso violenza contro le bambine e i bambini che vi assistono. Si chiama violenza assistita: è stata definita per la prima volta in Italia dal CISMAI nel 2015 e ha conseguenze gravissime. L’ISTAT, in un’ indagine del 2006, ha documentato che una rilevante percentuale di bambini e bambine che hanno “assistito” alla violenza perpetrata nei confronti delle madri esercitano da adulti violenza contro le partner oppure subiscono violenze dai partner.
Ma come si combatte la violenza? Educazione, informazione, prevenzione, servizi, comunicazione.
Occorre infatti una costante e decisa mobilitazione della società in tutte le sue articolazioni, con la promozione innanzitutto di un’ educazione rivolta ai bambini e alle bambine; con la formazione degli operatori di tutte le istituzioni coinvolte, affinché sappiano riconoscere le espressioni della violenza di genere e sappiano accogliere le donne e intervenire attraverso la rete dei servizi.
Tutto questo deve essere veicolato in modo corretto dai media: non esistono raptus, non esistono baby squillo e ragazze ingenue, non esistono i delitti per amore. La violenza nasce, si radica e si esercita, spesso addirittura si protegge, in una cultura diffusa. Solo chiamando le cose con il loro nome potremo trasformare la società e noi stessi.
Per questo il CISMAI rinnova il suo impegno di studio, di ricerca e di formazione anche attraverso la pubblicazione dei suoi Requisiti Minimi degli interventi nei casi di violenza assistita e l’attività quotidiana svolta dai Centri associati in tutto il territorio nazionale. Oggi, e ogni giorno, lavoriamo per la trasformazione.